Oggi, cento anni fa, nasceva la piccola “santa” aquilana, la Serva di Dio Anfrosina Berardi originaria di San Marco di Preturo, nella nostra Forania Amiternina, per cui è in corso il processo di beatificazione presso la Congregazione delle Cause dei santi.

Resteremmo sorpresi di fronte alla lunga lista di fanciulli, adolescenti e giovani che la Chiesa cattolica ha canonizzato o attorno ai quali circola fama di santità. Abbiamo già avuto modo di parlare della venerabile Antonietta Meo e del suo speciale rapporto con il Signore. Più o meno negli stessi anni, la nostra terra d’Abruzzo ha conosciuto un’altra bambina speciale, Anfrosina Berardi, la cui storia ricorda per molti versi quella di Nennolina e anzi la anticipa.

Il destino di questa piccola aquilana, nata a San Marco di Preturo il 6 dicembre 1920, sembra già preannunciato nel nome che porta. Anfrosina sarebbe il diminutivo (deformato nel dialetto locale) di Ambrogio, il grande santo milanese del IV secolo di cui ricorre la festa proprio nel giorno successivo alla nascita della bimba. Probabilmente Anfrosina non ebbe il carattere combattivo e deciso del vescovo milanese, né produsse la gran mole di scritti esegetici, ascetici, dogmatici e innografici che fanno di lui uno dei più grandi Padri della nostra fede, né si trovò a lottare contro la violenza e la prepotenza degli eretici ariani, che, pur contando sull’appoggio del potere imperiale, dovettero alla fine cedere di fronte alla resistenza ostinata di Ambrogio e del suo gregge (di questi fatti abbiamo parlato). Eppure, nella sua breve e semplice vita, ella dimostrò grande coraggio e perseveranza, un’incredibile capacità di sopportare il dolore (l’infezione all’appendice, malgrado i tentativi dei medici, degenerò in peritonite, portandola in breve tempo alla morte, fra atroci sofferenze) unita ad una straordinaria sensibilità mistica, virtù per le quali la sua fama si diffuse in breve tempo tra i suoi conterranei che accorrevano numerosi a farle visita per godere delle sue parole di conforto e della sua guida spirituale. Dall’incontro con lei molti tornavano intimamente cambiati e si convertivano a una vita di vera fede e assidua preghiera.

I suoi amici e compagni di giochi intuiscono col senno di poi l’origine dei suoi strani comportamenti infantili: le sue fughe improvvise di fronte a certi comportamenti o parole fuori posto; le frasi, apparentemente senza senso o incomprensibili; l’espressione – inquietante per alcuni – che assumeva quando sussurrava qualcosa a occhi chiusi, come parlasse con qualcuno invisibile a tutti tranne che a lei. Queste virtù si accentuarono negli ultimi momenti della sua vita, specialmente dopo che ebbe ricevuto i sacramenti della prima comunione e della cresima (entrambi nell’ottobre del 1932). Immobilizzata nel suo letto di dolore, non faceva pesare a nessuno la sua malattia; anzi riconosceva in essa una croce da portare con amore, ed esortava tutti a pregare per i malati e a sopportare le sofferenze con pazienza e senza ribellione, perché «la sofferenza accettata volentieri per amore di Dio purifica le anime».

Nella sofferenza godeva del conforto che le recava la visione di schiere angeliche che festosamente cantavano a Dio e alle quali amava unirsi almeno con la voce, dato che la sua famiglia era troppo povera per procurarsi trombe e mandolini (leggi la testimonianza). Ma soprattutto straordinario era il suo rapporto con la Madonna, con la quale intesseva intimi e misteriosi colloqui, che i presenti non potevano sentire, ma solo intuire vedendo il suo stato di dolcissima estasi, svegliandosi dal quale, con disarmante naturalezza, la bambina affermava di aver ricevuto la visita di Maria e raccontava ciò che le aveva detto. La Madonna stessa le annunciò il giorno e l’ora esatti in cui sarebbe venuta a prenderla, stampandole un dolcissimo bacio sulla fronte, di cui la bimba portava ancora il segno mentre lo raccontava. Il 13 marzo 1933, alle 10 del mattino, dopo aver preso per l’ultima volta la santa comunione, che negli ultimi mesi della sua vita era ormai divenuto il suo unico cibo e sostentamento, Anfrosina si spense serenamente, come aveva annunciato.

Tra le altre cose straordinarie che parenti e conoscenti raccontano di lei, v’è il dono della bilocazione, che le permise di mandare un aiuto ai fratelli che avevano subito un incidente a causa della neve (leggi la testimonianza). Ma ciò che probabilmente colpisce maggiormente in questa bambina è il suo profondo e viscerale orrore del peccato, che sapeva vedere nel segreto dei cuori. Il suo biografo racconta la manifesta ostilità con cui Anfrosina accolse una povera compaesana, da anni sofferrente e deformata a causa dell’artrite, che con grande sforzo si era spinta fino alla sua camera per farle visita. La bambina, sapendo in anticipo che la donna sarebbe arrivata, aveva tentato di convincere la madre a non farla entrare, perché era «tanto brutta»: non la malattia l’aveva resa così, ma il peccato e il testardo rifiuto da lei opposto alla sofferenza. Alla povera commare che le chiedeva perché ce l’avesse tanto con lei, Anfrosina rispose schiettamente: «Voi bestemmiate tanto perché non volete soffrire. Bisogna che soffriate con pazienza. Ora dovete andare a confessarvi e poi accostarvi alla Comunione, perché Gesù vi perdoni tutti i peccati». La donna sul momento parve accettare il consiglio, ma poi non mantenne l’impegno; di nuovo si presentò tempo dopo da Anfrosina e di nuovo fu respinta. Dopo la sua morte, la bambina le apparve in sogno e la rimproverò per non aver mantenuto la promessa. Solo allora, vinta dalle insistenze della bimba, che neppure dall’aldilà cessava di ammonirla, si riconciliò con Dio e iniziò una vita sinceramente cristiana.

Quanto bene abbia fatto Anfrosina con la sua viva testimonianza lo dimostra il grande concorso di popolo al suo funerale (le cronache del tempo calcolano duemila persone). Davanti a un «modello così luminoso di fede, di pietà e di eroica fortezza», la diocesi aquilana ha chiesto negli anni Sessanta di avviare la causa di beatificazione, che ha già raggiunto il primo importante gradino, riconoscendo alla bambina il titolo di «Serva di Dio». Forse questo non sarebbe necessario ad assicurare che Anfrosina è finalmente un angelo tra Angeli, e che ora eleva con loro dolcissimi canti al Signore, come tanto desiderava mentre era in vita. Ma, grazie a questo riconoscimento, i fedeli hanno la possibilità di ricordarla ogni anno nel suo dies natalis nella chiesa parrocchiale di San Marco in Preturo, che ospita i suoi resti mortali, in attesa che le indagini compiano i prossimi passi verso la sperata canonizzazione.

Sabrina Antonella Robbe in La Porzione.it